Questa
sera non so cosa pensare. Sarebbe facile saperlo, ma non lo voglio fare.
Sarebbe facile pensare “italiani coglioni”. Giá fatto... non porta da nessuna
parte, non é né giusto né costruttivo. Sarebbe facile pensare “avete sbagliato
tutto”... lo fanno in tanti, si...ma poi? Sarebbe facile pensare “me ne vado”.
Giá fatto, ma ignorare il problema non fa che amplificare la questione. In
definitiva, sarebbe facile sentirsi un osservatore del problema, piú che una
parte integrante di esso.
Ieri mentre mettevo quelle due croci da analfabeta l’ho fatto con
una coscienza precisa, avevo una speranza. La mia speranza andava oltre la
sensazione diffusa che qualcosa stesse cambiando, andava oltre: era un atto di
volontá. Volontá che qualcosa cambiasse. Era la speranza che potessimo
ricordarci del nostro passato per interpretare a dovere il presente. E per
immaginare il futuro. Era la speranza che le coscienze tutte degli italiani si
fossero finalmente messe in moto, avessero per una volta acceso i sensori a
indicargli la strada da dove venivano, la stessa sulla quale non si doveva
tornare. La sensazione, questa sera, é che mi ero sbagliato. Non so se sia
effettivamente cosí, la storia si interpreta solo a posteriori. In momenti come
questi mi sento semplicemente un pedone sulla tavola degli scacchi, quelli che
avanzano solo dritto, una casella alla volta, senza poter tornare indietro. Il
giocatore di scacchi invece vede tutto dall’alto. Ha una tattica in mente, ha
delle prospettive, combina nella sua mente tante pedine e conosce in anticipo
la strategia dell’avversario. La storia, giocatore esperto, come al solito
seguirá il suo corso. E come sempre sará soprendente capire in che modo aveva
ragione lei. Potrebbe pure non sembrare, ma si stanno scatenando eventi che
vanno al di lá della nostra comprensione. Il classico battito di ali di
farfalla. E infatti non sembra. Ma io non sono un giocatore di scacchi, sono un
semplice pedone.
E allora l’unica cosa che penso, questa sera, é che ho sbagliato
tutto. E hanno sbagliato, come me, tutti quelli uguali a me. Tutti quelli che
questa sera non sanno che cosa pensare, tutti quelli che una spiegazione
proprio non la riescono a trovare. Tramortiti, attoniti, scossi. Hanno
sbagliato gli intellettuali, i critici, quelli della sinistra, la sinistra
vera. Hanno sbagliato quelli che si ritengono al di sopra delle bassezze,
quelli che cercano la veritá con sincera dedizione, che rifuggono come la peste
le facilonerie e le lusinghe elettorali, quelli che non ci stanno a sporcarsi
le mani per giocare nel fango. Mi ci metto dentro anche io, in pieno. Abbiamo
sbagliato. E non perché non avessimo ragione, ne sono ancora fermamente
convinto. Abbiamo sbagliato perché questo non é il paese in cui vivamo. E
lasciamo stare tutti i discorsi sull’italiano medio, su chi si informa solo
attraverso la tv, su chi non ha capacitá critica e su chi non usa la testa se
non per riempire lo spazio tra le orecchie. Lasciamo perdere tutti questi
discorsi perché qui non si tratta di criticare, ma di assumersi le proprie
responsabilitá. L’unica cosa che possiamo fare. L’unica cosa che in questo
momento dipende davvero da noi.
Chiediamoci: com’é possibile che sia andata ancora cosí? Lo snobbavamo,
lo davamo per finito, dicevamo che “gli italiani hanno imparato”... parlare al
vento, senza parlare con gli italiani. Pensare che gli italiani votano con la
pancia piú che con la testa senza cercare di farli ragionare per non farlo... é
ancora piú grave che farlo noi stessi. Questo é il paese in cui viviamo. Questa
é la gente che ci sta attorno. Questa é la NOSTRA gente. Questi SIAMO NOI. E
come al solito, noi si ha quello che ci si merita. Prima di tutto: conoscere il
problema.
La sinistra intellettuale é morta, ancora una volta. Dissanguata.
Lacerata da un senso di superioritá misto ad una scarsa aderenza col mondo
reale. Misto, verrebbe proprio da dirlo, a una mancanza di impegno politico. É
morta per non parlare alla gente che vota con la pancia. É morta per non
mettersi a discutere con loro. É morta per non cercare di far ragionare chi
urla. É morta per non spiegare le cose come stanno davvero. É morta per non
riuscire a farle capire alla gente. É morta per non volersi abbassare nel fango
del dibattito politico di oggi, per non volersi sporcare le mani a raccogliere
quell’asticella che in piú di 20 anni ormai é al livello fecale del suolo...
perché solo cosí sarebbe stata in grado di tornare ad alzarla lá dove le
compete stare. Con estrema umiltá e coraggio. Secondo: saper rispondere al
problema. Parlare la lingua delle persone vere, anche se senza lusingarle e
prenderle in giro sicuramente é piú difficile che ti ascoltino. Ma provarci.
Ecco dove sta la responsabilitá politica di ognuno di noi, militante
o no. Politica é impegnarsi in prima persona. Fare divulgazione, parlare a
chiunque, diffondere una coscienza critica, crescere insieme al tuo
interlocutore in un dialogo costruttivo... tutto questo é un atto politico
profondamente importante. Cosí come lo é – di segno contrario – il ritenersi al
di sopra del problema, nella propria torre d’avorio lastricata di snobbismo a
guardare il mondo dall’alto. Consapevoli, nella propria dignitá minoritaria, di
avere la veritá in tasca e la protesta in ogni caso assicurata.
Forse non capiró mai come si legge una partita a scacchi, ma la
responsabilitá di avanzare nella mia direzione stasera la sento forte. E come
me, dovrebbero sentirla in tanti. Forse non staremmo qui a guardarci negli
occhi sconvolti, stasera. Forse non ci sarebbero, dopotutto, serate come
queste. Forse... se ognuno di noi facesse la sua casella in avanti con
coscienza e convinzione... forse alla fine capiremmo che la storia, dopotutto,
siamo noi pedoni.
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